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Biografia

Foto di Enrico Genovesi

Nasce il 20/06/1947 a Brescia, dove risiede e lavora. Nonostante gli studi lo portino in un’altra direzione, non abbandonerà mai la grande passione per l’arte figurativa. Nei primi anni ‘70 frequenta gli studi di importanti pittori bresciani. Sarà Franco Bertulli ad incoraggiarlo a proseguire. Disegno classico, poi l’olio dal vero, in studio e all’aperto, con la figura, i ritratti, le nature morte, i paesaggi. Era uomo di poche parole, Bertulli, e Genovesi è costretto talvolta a "rubare" i segreti della buona pittura. Segue il Maestro in tutti i suoi movimenti, anche quelli più banali, impadronendosi, giorno dopo giorno, del mestiere. Ma il genere di Bertulli, fine Ottocento, macchiaiolo, non è quello più congeniale a Genovesi, che ben presto si ritrova a studiare l’arte del Novecento sui libri e frequentando con assiduità gallerie e musei. E’ fortemente affascinato dalla pittura metafisica e surrealista di De Chirico, Savinio, Dalì, Magritte. Negli anni ‘80 riscopre la pittura rinascimentale, cui dedica sempre maggiore interesse che lo porterà a visitare le importanti pinacoteche europee, e a studiare le biografie dei maggiori esponenti di questo periodo. Leonardo, Michelangelo, Piero della Francesca, Botticelli, Lorenzo Lotto, Bellini, ma anche Brueghel, Dürer, Van der Weyden. Sarà soprattutto un pittore di fine Cinquecento e inizio Seicento a dare la svolta significativa alla sua pittura: Michelangelo Merisi detto "il Caravaggio". Il potente contrasto del chiaroscuro nelle tele a carattere religioso, le vibranti luci delle nature, l’impasto sapiente dei colori dolci e violenti nel contempo, lo stile, talvolta scarno, che lo caratterizza, la crudezza della quotidianità, gli fanno capire come dovrà essere la sua pittura d’ora in avanti. Gli elementi della lezione caravaggesca si dovranno fondere con il mistero, le atmosfere fantastiche e incantate dei surrealisti, il tutto filtrato dalla sua grande sensibilità e dalla sua fervida immaginazione. Attraverso la naturale evoluzione artistica che matura nel corso degli anni, Genovesi firma tele, quali: "Sogno", "La stanza del vescovo", "Sì beltà più d’ogn’altra cosa", "La femme cheval", "Oltre la musica", "Fly", "Giochi sulla spiaggia", "Il tempio".

L’Arte. Secondo me.

Amo definirmi un pittore indipendente, perché non ho voluto mai etichettature che mi avrebbero ingabbiato, e ho sempre dipinto ciò che sentivo dentro. Io intendo l’Arte come l’esaltazione, la sublimazione estrema della bellezza, dell’armonia, del buon gusto, dell’equilibrio tra forma e colore. L’Arte figurativa è una descrizione poetica per immagini: quindi la gradevolezza armonica dell’insieme, la freschezza dell’immagine, la pulizia dei colori, sono sue prerogative indispensabili. Si rischia altrimenti di scadere nella pubblicità, nella vetrinistica, nel reportage, più o meno interessanti, d’accordo, ma non sono arte. Troppo spesso l’arte contemporanea (ma lo si è visto anche in certa arte del Novecento) deve stupire, sconcertare, provocare il pubblico, in una gara ad inventare le cose più strane, le più assurde, le situazioni più pazze e repellenti. E’ sufficiente che rappresentino una novità e che nessuno le abbia mai realizzate prima. Il motto imperante è: "All’arte tutto è permesso, tutto è possibile". Questa ricerca maniacale, assolutamente forzata, non della perfezione stilistica, ma della novità a ogni costo, va a decremento della qualità dell’opera, che alla fine con l’Arte vera avrà pochissimo in comune. Non importa a questo punto cosa si vuole rappresentare, perché e come, non interessano i materiali e le tecniche. Il prodotto è una cosa nuova. E ciò basta. Ricordo un commento letto sulla "Domenica del Corriere" una trentina di anni fa. Il giornalista, scrivendo sulla Biennale di Venezia di quel tempo, diceva: "C’è del nuovo e c’è del bello, ma quel che è nuovo non è bello, e quel che è bello non è nuovo". Queste parole non lasciano spazio a dubbie interpretazioni. Perché avere delle idee buone non è sufficiente per credersi artisti. L’idea è il grado zero di un artista: servono la tecnica, la fantasia, la volontà, la sensibilità, l’estro e tanto, tanto altro ancora. Intorno alla metà del secolo scorso, si pensava che artisti balzati all’improvviso nell’olimpo del successo, sarebbero stati ben presto dimenticati. Oggi si può dire che non è stato sempre così. Molti di quei nomi sono oggi "classici dell’arte", con la "c" minuscola forse, ma pur sempre classici, entrati nella storia dalla porta principale. La manipolazione del mercato ha creato questi miti, e viene spontaneo chiedersi: "Dureranno per sempre?". Io non me la sento di dare una risposta, anche se vorrei tanto dire di no. Posso esprimere un parere su un certo modo di fare arte oggi, (e non voglio riferirmi, per fortuna, a tutta l’arte contemporanea) che ha smantellato tutti i cardini, tutti i principi, tutti i concetti, tutte le regole su cui si era costruita l’Arte nel corso dei millenni. Non potrà durare all’infinito e ci si accorgerà dell’enorme bluff messo in piedi dai media e dall’oscuro sciame di satelliti che gira attorno al pianeta arte, o sarà inevitabilmente la fine dell’Arte stessa, quella autentica. E appare sempre attuale la favola de "Il re nudo". Il re passeggiava nudo per le strade, e i suoi sudditi servilmente lo riverivano, fingendo di apprezzare i sontuosi abiti che non aveva. Solo un bambino, guardandolo, meravigliato esclamò: "Ma il re è nudo!"

enrico genovesi

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